Per «mobbing sul posto di lavoro» (denominato anche «terrore psicologico» o «comportamento vessatorio») si intendono certi comportamenti vessatori e/ o persecutori – individuali o di gruppo –, prolungati nel tempo e lesivi della dignità personale professionale del lavoratore nonché della salute psicofisica dello stesso, perpetrati nei suoi confronti da parte di superiori e/o colleghi allo scopo e/o con l'effetto di allontanarla dall'azienda.
La stessa logica valoriale dei criteri organizzativi di un’azienda può essere terreno fertile per la violenza psicologica. La competizione per il raggiungimento degli obiettivi e gli stimoli per migliorare la produzione possono produrre un atteggiamento negativo-squalificante che può sfociare nel Mobbing. Tuttavia si devono considerare anche altri aspetti non propriamente professionali, che rientrano nella sfera delle relazioni umane e delle loro varie sfumature (antipatia nei confronti della vittima, simpatia per colui/colei che potrebbe potenzialmente sostituire la vittima, etc.).
Il Mobbing avviene perchè nessuno lo impedisce. Gli spettatori non tentano di fermare chi mette in atto il Mobbing e, con il loro silenzio, lo favoriscono. Il motivo di tale comportamento è facilmente intuibile: la paura. Paura di essere coinvolti, di avere ritorsioni di qualche genere o addirittura di perdere il lavoro.
Riconoscere il Mobbing non è semplice. In genere, per rientrare nella definizione di Mobbing le azioni compiute dovrebbero:
ripetersi per un lungo periodo di tempo;
reiterarsi in modo sistematico e continuato;
avere uno scopo preciso, quindi essere azioni intenzionali (magari anche premeditate).
Il mobbizzato (come viene definita la vittima) viene letteralmente accerchiato e aggredito volontariamente da aggressori (detti mobber) che mettono in atto strategie comportamentali volte alla sua distruzione psicologica, sociale e professionale. I rapporti sociali diventano conflittuali e sempre più rari, portando la vittima all’isolamento e all’emarginazione totale.
Ogni situazione è a sé stante, ma i vari casi hanno dimostrato che nel Mobbing esiste una costante: la vittima è sempre in una posizione inferiore rispetto ai suoi avversari. Ovviamente l’inferiorità non è legata all’intelligenza o alla cultura del mobbizzato, ma al suo status nel contesto lavorativo. Ed è proprio lo status ad essere intaccato per primo durante il periodo di tempo in cui si subisce Mobbing, un periodo in cui la vittima perde gradatamente la sua posizione iniziale.
Dott.ssa Giovanna Franceschini
Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in Terapia Breve Strategica a Marina di Carrara
Psicologa Psicoterapeuta, specializzata in Terapia Breve Strategica
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Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Liguria col n. 07 1746